IRPEF e riforma fiscale: i redditi che non pagano le tasse

IRPEF e riforma fiscale: i redditi che non pagano le tasse

Il sistema erariale italiano è, da molto tempo, oggetto di valutazione politica ed economica.

Ritenuto da tutte le istituzioni ed i movimenti politici anacronistico e poco adatto alle mutate condizioni sociali, l’apparato fiscale presente l’impellente necessità di una drastica riforma.

A tal fine e nell’ottica di addivenire ad una soluzione il più possibile condivisa, tutti gli schieramenti politici hanno voluto depositare in Commissione Bicamerale, tutte le proposte di riforma elaborate.

Presupposto iniziale, compartecipato dalle varie forze in campo, è la totale iniquità della rete fiscale attualmente in vigore che impone una rivisitazione globale dell’imposizione IRPEF allo scopo di alleggerire il peso fiscale e favorire un rilancio economico quanto mai auspicato.

Cerchiamo allora di scoprire, nel dettaglio, i termini di applicazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e le diverse soluzioni proposte dalla politica.

Cos’è L’IRPEF?

L’IRPEF, introdotta con la vasta riforma finanziaria del 1973, è l’imposta che colpisce tutti i redditi prodotti dalle persone fisiche. Per i cittadini italiani costituiscono imponibile di tassazione i redditi realizzati sia un Italia che all’estero mentre per i cittadini stranieri, naturalmente, l’imposizione fiscale grava soltanto sui redditi prodotti nel nostro Paese.

Si tratta di un’imposta applicata su base percentuale, progressiva e a scaglioni. L’aliquota minima, attualmente, è il 23% (redditi da 0 a euro 15.000) mentre quella massima (redditi oltre i 75.000 euro) è il 43%. Gli scaglioni disponibili, infine, sono 5.

La tassazione fiscale, ritenuta dai più iniqua, quindi, necessita di una profonda riforma. Abbandonata l’idea di una imposizione unica, la politica si è trovata a fare i conti con il languire delle casse statali che impongono una valutazione assai approfondita.

Il termine ultimo per delineare la nuova rete fiscale è luglio 2021 data entro la quale la Commissioni Bicamerale, dopo un lunghissimo tempo di lavoro, dovrebbe comunicare le linee guide e gli ambiti applicativi in vigore già dall’anno prossimo (sui redditi prodotti nell’anno in corso).

Le proposte di Fratelli d’Italia. La flat tax al 15%

In base alle informazioni disponibili e alle recenti esternazioni del leader Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia sarebbe fautore dell’introduzione di una flat tax al 15% applicata in modalità incrementale sui redditi conseguiti nell’anno precedente.

Di grande rilievo anche la proposta di abolizione degli studi di settore e della scissione dei pagamenti per i contribuenti in partita IVA. Introdotta, anche, la richiesta di abolire i termini stranieri dal lessico fiscale e la richiesta di un preavviso di due anni per l’eventuale immissione di una nuova tassa fiscale.

Le proposte della Lega. La mini flat tax

La Lega si pone come fautrice di una semplificazione fiscale radicale, di un eventuale no tax area per i redditi più bassi e si schiera contro un aumento dell’IVA.

La proposta, infine, è quella di un ampliamento della mini flat tax con l’introduzione di un’aliquota piatta incrementale oltre una soglia predefinita.

La proposta di Forza Italia. L’introduzione di nuovi scaglioni di reddito

Il partito guidato da Silvio Berlusconi si pone come fautore di una semplificazione fiscale e dell’introduzione di un condono per i debiti pregressi.

Da un punto di vista più strettamente fiscale, infine, viene proposta una rimodulazione delle aree ed aliquote imponibili con la creazione di un blocco centrale per il ceto medio.

La proposta del PD. Un sistema progressivo

Il partito democratico è ideatore di una rivisitazione globale del numero di aliquote e delle soglie degli scaglioni di reddito con un’azione decisa sul secondo e terzo blocco di reddito ritenuti particolarmente iniqui.

La proposta si concretizza con l’abolizione delle aliquote marginali.

La proposta del M5S. La no tax area

Il fulcro della proposta pentastellata è la creazione di una no tax area fino a euro 10.000, la diminuzione di un punto dell’aliquota massima e l’unificazione di tutte le aliquote intermedie al 23%. Gli scaglioni di reddito, quindi, diventerebbero tre.

Per incentivare i consumi, infine, il M5S sarebbe disponibile ad una riduzione dell’IVA.

La proposta di Italia Viva. Il minimo esente

Il movimento di Matteo Renzi, infine, propone l’introduzione di sole tre aliquote di imposta con ridefinizione di tutti gli oneri deducibili e detraibili (salvo quelli sanitari e quelli legati alla prima casa).

Indispensabile, inoltre, la determinazione di una fascia di reddito (quella fino a 8.000 euro) totalmente esente con agevolazioni specifiche per i redditi più bassi.