Hai diffamato sui social… o ingiuriato?
I social sono sempre di più il teatro ove si svolgono le relazioni umane. La grande facilità con cui si possono comunicare i propri pensieri mediante internet e sulle reti social porta grandi vantaggi ma anche pericoli da non sottovalutare. La diffamazione sui social è sempre più comune…
La diffamazione sui social
È facile nascondersi dietro uno schermo e una tastiera e pensare così di essere al sicuro, di non dover rispondere delle conseguenze delle proprie dichiarazioni. Tuttavia, non è così. Offendere la reputazione di altri utenti può avere gravi conseguenze anche in ambito penale. Pochi hanno la consapevolezza che la diffamazione sui social costituisce una forma “aggravata” di diffamazione, che può essere punita con la reclusione da sei mesi a tre anni o con una multa non inferiore a 516 euro.
Il codice penale, all’articolo 595 terzo comma, punisce infatti chi diffama “col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico”. Ora, i social sono considerati “mezzi di pubblicità” in quanto capaci di trasmettere la comunicazione ad un numero indeterminato di destinatari, al pari – se non in misura maggiore – rispetto agli altri mezzi di pubblicità.
Allora, immaginiamo di aver pubblicato un commento su Facebook oppure di aver scritto e inviato un messaggio su un gruppo WhatsApp composto da una pluralità di persone. Immaginiamo di aver scritto – magari con superficialità e senza pensarci troppo – qualcosa di offensivo nei confronti di una terza persona: abbiamo utilizzato termini volgari, insulti o comunque espressioni idonee a ledere il suo onore e decoro. Se la terza persona viene a sapere delle nostre offese, può querelarci? Potremmo essere indagati per il reato di diffamazione? Potremmo essere condannati?
La risposta è: dipende. Dipende da molti fattori. Uno in particolare può fare la differenza tra essere penalmente responsabili e invece non aver commesso un “reato”. Infatti, non ogni comunicazione offensiva si risolve in diffamazione. Una comunicazione offensiva potrebbe essere una semplice “ingiuria”. E l’ingiuria non è più reato (è stata depenalizzata nel 2016). È un illecito civile, con le sue conseguenze (una sanzione pecuniaria) ma senza la gravità di un delitto. Dunque: quale è la differenza tra diffamazione e ingiuria, in particolare sui social? Scopriamolo insieme…
La differenza tra ingiuria e diffamazione
La diffamazione è l’offesa all’altrui reputazione realizzata comunicando con più persone e in assenza della persona offesa. Anche l’ingiuria presuppone una comunicazione offensiva nei confronti di una persona (si offende il suo “decoro e onore”). Tuttavia, nell’ingiuria la persona offesa è presente alla comunicazione. Nell’ipotesi della comunicazione a distanza (ad esempio telefonica o tramite internet), c’è ingiuria – e non diffamazione – allorché la comunicazione è diretta alla persona offesa.
Il fatto che anche altre persone siano presenti alla comunicazione ingiuriosa rende l’ingiuria più grave ma non la trasforma in diffamazione. Essenziale è quindi la direzione della comunicazione. Recentemente, la Corte di cassazione ha ribadito questa differenza, affermando che: «l’elemento distintivo tra ingiuria e diffamazione è costituito dal fatto che nell’ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore» (Cass., sez. V penale, n. 10905/2020).
Applicazioni pratiche…
Possiamo applicare questo principio alle diverse forme di comunicazione sui social. Nel caso trattato dalla Cassazione: «[…] gli insulti sono stati rivolti attraverso una chat vocale sulla piattaforma “Google Hangouts”, diversa dalle altre piattaforme chat digitali, che sono ‘leggibili’ anche da più persone; in tal caso, il destinatario dei messaggi era solo la persona offesa e la video chat aveva carattere temporaneo, sicché non verrebbe in rilievo il precedente di Sez. 5, n. 7904/2019, che riguardava una chat scritta (Whatsapp) in cui il messaggio offensivo può essere visionato anche da altri utenti; nel caso in esame, la chat aveva natura di conversazione vocale, e non rileverebbe che all’ascolto vi fossero altri utenti».
In altre parole, se l’offesa è rivolta direttamente al destinatario durante una conversazione telematica, ad esempio su Hangouts oppure su Skype, allora si tratterà di ingiuria, anche se alla conversazione dovessero partecipare anche altre persone. Se invece la comunicazione lesiva avviene nel contesto di un gruppo di utenti e non è diretta alla persona offesa (oppure addirittura è diretta a un vasto pubblico) allora si tratterà di diffamazione, poco importando che la persona offesa si trovi tra i potenziali destinatari o tra i membri del gruppo.
Avv. A. Luis Andrea Fiore
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